E' quello che ti(mi) costringe a farti(mi) una serie di domande alle quali non c'è risposta.
Anzi, a volte non c'è neanche domanda.
L'asino di Buridano ti(mi) fa un baffo: lui, indeciso tra due mucchi di paglia, non riuscendo a scegliere verso quale dirigersi, muore di fame.
Tu(io) scegliendo decisamente nessun mucchio, anzi, camminandoci in mezzo vivi di fame.
Oh, io ve l'avevo detto che era complicato.
Provo, allora, a descrivere un dialogo-tipo:
- Voglio la separazione.
- Vuoi la separazione? Ma se non c'è altro da volere.
- Ah, già. Allora sono costretta a separarmi.
- Ma questa costrizione non ti fa sentire più libera?
- Beh, sì, in effetti sì. Ma perché non sono felice?
- Felice? Perché dovresti esserlo? Che c'entra la felicità?
- Boh, non lo so. Credevo di doverlo fare per stare meglio.
- Beh, stai meglio. Hai tagliato un ramo secco, no? Avrai più linfa per le tue parti vive.
- Ma perché un ramo secco fa male se lo tagli?
- Non lo so, ma mi stai innervosendo con queste domande.
- E' che sono triste. E tu poi sei sempre così reattiva e nervosa ultimamente.
- Hai ripensamenti? Rimpianti?
- No. Neanche solo la erre di queste parole. Però vorrei le condoglianze.
Questo dialogo avviene tra me e me, ed è praticamente continuo: alla fine sono stremata, ma so che da qualche parte arriverò.
Dispensatemi dalle battute facili .
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1 commento:
Ok; in effetti è complicato. Vai avanti. Quando sarai arrivata al sesto grado della separazione tireremo (tirerai) le somme. O quantomeno ci proveremo (proverai). Forse.
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