lunedì 28 dicembre 2009

2009 - La morte fiorita

Arriva il tempo di pensare in maniera conclusiva: pare che questa sia la fase dell’anno che meglio si presta all’uopo. E devo dire che il tempo, piuttosto che arrivare, mi è proprio caduto in testa con la stessa forza di una travata.

Conseguenza: sono due giorni che vivo una sorta di stand-by narcolettico auto-indotto.
Finita la sessione straordinaria delle 72 ore interamente trascorse a cucinare-lavare-rassettare-mangiare-lavare-rassettare, intervallate da brevi spazi di trance iperglicemica, ora mi tocca mettere a cuocere un piccolo bilancio del 2009. Non so perché, ma mi tocca.

Cioè, lo so perché: perché il 2009 è stato l’anno dei grandi tagli. Agìti e subìti.
Piccole cose, all’inizio: spuntature, smussature, accorciamenti.
Poi le grandi forbici metafisiche si sono trasformate in una mannaia ferale che ha iniziato a recidere un po’ di legami.
Anche se poi il taglio più netto di tutti l’ho fatto a mani nude e assomigliava un po’ quel sacrificio azteco (?) in cui si strappa il cuore dal petto per offrirlo alla divinità. Solo che la vittima sacrificale ed il sacerdote officiante erano la stessa persona: io. Ma la buona notizia è che non mi sono strappata il cuore, ma solo una membrana un po’ spessa che lo ricopriva.

Ora, come bilancio non mi sembra particolarmente brillante: però sospendo il giudizio su questo capitolo, perché quando faccio qualcosa (di buono o di cattivo) me ne accorgo sempre dopo.

Invece, voglio concentrarmi sulle persone, che sono sempre la parte più cospicua della mia vita: e adesso le sto pensando una ad una.
Quelle degli affetti di sempre e quella degli affetti di mai. Quella che se n’è andata lontano e quelle che lontano ci sono sempre state, ma che sono più vicine di tante nei paraggi. Quella che non ho ben capito come o perché, ma è andata così. Quella che ho capito come e perché, ma mi dispiace lo stesso che sia andata così. Quelle che sono sbucate fuori all’improvviso ‘come pepite in un mucchio di sassi’ (e magari non hanno ancora una faccia o una voce, come piccoli feti di amicizie nasciture) e mi hanno reso felice proprio per la loro estemporaneità. Quelle generose e calorose come una fetta di torta panna e fragole e quelle tiepide come una minestrina riscaldata, ma tutte indispensabili (il segreto è un alimentazione varia).
Quelle che fanno e dicono cose che mi piacciono e per questo mi insegnano tanto, e quelle che fanno e dicono cose che non mi piacciono, ma mi insegnano tanto lo stesso (però col metodo maieutico).
E tante altre ancora, tra cui soprattutto quelle che mi fanno ridere e quelle con cui rido.
Ma non tutte: perché ho capito che si può fare a meno di molte persone e moltissime di più possono fare a meno di me.
Ma è proprio questa la cosa più meravigliosa di tutte: pensare che, nonostante ciò, ci si cerchi lo stesso.

sabato 28 novembre 2009

Cronache dal confine e cronache al limite.


Sono alla stazione, aspetto il trenino, che mi porterà nella cuore della metropoli tentacolare a pochi km dal mio paesello. Invece del solito scassone, arriva un Minuetto, il regionale nuovo di pacca, il cui nome è veramente riduttivo: pulizia, modernità e comfort suonano come una sinfonia alle stanche orecchie delle mie membra da viaggiatrice di rottamaglie incallita.
E’ anche in orario, porcodinci!
Salgo, mi accomodo e attendo. La fermata sembra durare più del previsto, poi le porte si chiudono: l’elegante display sulla mia testa segnala un minuto di ritardo.
Va beh, non stiamo a fare i pinoli. Il treno però non parte e le porte vengono riaperte da un solerte ferroviere in servizio sul trenuetto seguito da un suo simile. Tra i due trenitalioti (forse capotreno e controllore, non so) che chiamerò giovane e anziano, per gli amici g e a, intercorre il seguente dialogo:
g – Un momento, scusa capo, ho riaperto perché ci sono due ragazzi che stanno correndo…hanno fatto tardi…li possiamo aspettare, c’è tempo. Altri due minuti, che problema c’è…
a – Dovevamo partire a 03.
g – Appunto (?) sono 04, un altro minutino, cheffà…
a – Vabbuò…
Dopo un minutinocheffà arrivano due ragazzi trafelati che ringraziano per essere stati graziati (dopo dodici minuti c’era un altro treno, eh?), troppo gentili, davvero, non dovevate (eccerto che non dovevano).
g - Ma l’amico che era con voi? (???).  L’ho visto lì sulla banchina…che fa, viene?”
r.t. - Adesso lo chiamo col cellulare e vedo.(!!!) Ahò, che fai vieni, che il treno ti aspetta?...No, non viene, ha desistito.
g – Ma perché? Possiamo aspettarlo, c’è tempo… (da adesso in poi eviterò l’interpunzione indignata e perplessa e il perché si capisce) Sicuri che non viene? Lo aspettiamo, eh. Lo volete richiamare per dirglielo?
r.t. – No, no, non fa niente, grazie, gentilissimo…
g – Ma figuratevi, quando si può fare…
Ecco: quando? Quando si può fare?
Comunque, incredibilmente il treno-taxi parte.
Prima  fermata, delle due che mi riguardano, a S.: 3 ragazzi stranieri, direi nordafricani, chiedono in un italiano stentato ma comprensibile se il treno arriva a B.
g – (che a questo punto ho capito avere lo stesso q.i. di un paramecio, però taaanto buon cuore) No ragazzi, questo treno va a S.
Sulla faccia dei suoi interlocutori si accende un lampeggiante enorme a forma di punto interrogativo che sta a dire ‘cazzo, ma noi a S. ci siamo già.’
Imperterrito g continua: “ Su, salite, che poi a S. prendete il treno per B”.
Il lampeggiante maghrebino, ormai in assetto di allarme e confusione totale,  con intermittenza da codice rosso continua a segnalare ‘cazzo, ma noi a S. ci siamo già, cazzo, ma noi a S. ci siamo già, cazzo, ma noi a S. ci siamo già.’

lunedì 9 novembre 2009

Madame Modesta c'est moi!

Non posso fare una recensione de L'arte della gioia: la storia di Modesta è la mia storia.
Non ho ucciso mia madre, non ho amato donne (almeno non fisicamente), non ho subito la galera o il confino per reati politici e, soprattutto, non sono riuscita a diventare principessa.
Ma la mia vita è la stessa sequela di delitti e determinazione, di volontà di affermazione e lunghi sonni, antifascismo profondo e disprezzo per ogni forma di religione, soprattutto se androcentrica.
Con la differenza che la mia storia è molto meno interessante.
Il rapporto che si è instaurato tra me e Modesta durante la lettura è quindi di natura intima e personale, per cui questa pseudorecensione va di diritto su questo blob/g. Parafrasando Patrizia Cavalli, se non leggo di me e non mi ritrovo, succede che mi confondo.

A beneficio pubblico, dirò solo che è un libro che insegna molto sull'essere donne e persone in generale ed è necessario come lo sono i libri di Simone de Beauvoir o quelli della saga di Angelica o di Adrienne Rich.

venerdì 6 novembre 2009

AAA Cercasi Editor per sprazzi di gioia improvvisi e sparsi.

Mi sono resa conto di accumulare, quasi quotidianamente, un discreto numero di sprazzi di gioia intensa, che presi singolarmente occupano lo spazio di pochi secondi, ma che misurati in decibellezza a volte soddisfano il fabbisogno di un'intera giornata.

Sono scariche inattese, involontarie e soprattutto immotivate, che spingono da dentro sorrisi, brividi e palpitazioni: è come essere innamorati per una manciata di minuti senza sapere di chi.
A volte possono essere innescati da una canzone, da un panorama, da un incontro: ma non giurerei sulla relazione di causa-effetto tra questi accidenti vari.
Ora, se qualcuno bravo nell'editing di vite e sentimenti, mi aiutasse a mettere insieme questo materiale e a dargli una forma e un ordine consolatorio come quello di un bel libro o di un bel film...

venerdì 23 ottobre 2009

Madri e figli. Figlie e madri.

A volte sono contenta di non avere una figlia.
Credo che il rapporto madre-figlia possa essere o uno dei più riusciti o uno dei più controversi.
E poiché il mio caso personale corrisponde alla seconda che ho detto, va da sé che sono contenta di non avere una figlia che mi faccia pensare agli alieni e all'invasione degli ultracorpi e per la quale qualsiasi cosa io faccia o pensi sia sempre un ottimo punto di partenza per una polemica.
E sono ancora più contenta di non essere una madre che  non riesce ad accettare un modo di essere e di pensare tanto diverso dal suo, al punto di ritenere un preciso dovere correggere in tutti i modi possibili quelle che lei forse inconsciamente considera aberrazioni.
E' da quarantuno anni, 4 mesi e 23 giorni che io e la mia mamma ci relazioniamo così.
Invece, come madre di figlio, mi sento più sciolta, più disinvolta: certo, sono consapevole di tutti quei personaggi da tragedia greca che stanno lì tra le quinte, e prima o poi usciranno in coro.
Però mi sento al sicuro, soprattuto pensando a quanto sono imperfetta e a quanto ho intenzione di lasciarlo libero di andare in giro per il mondo e per la vita, avvolto sempre in una nuvoletta di pazzo amore, ma senza immedesimazioni pericolose.
O no?

giovedì 22 ottobre 2009

La Tv, questa sconosciuta.


Per quel che mi riguarda, e lo dico senza snobismo, la tv potrebbe anche estinguersi come i mammut: non ne sentirei la mancanza. Con l'unica differenza che per i mammut mi dispiace di più.
Anche perché le due o tre trasmissioni che salverei vanno in onda ad orari impossibili: come ad esempio FIGU – Album di terrestri notevoli, un programma di Alessandro Robecchi e Peter Freeman, che va in onda dal 12 ottobre 2009, su Rai Tre, alle ore 9.10. Alle 9 e 10 del mattino, sì.
Approfitto dell'intimità di questo blog per dichiarare il mio amore ad Alessandro Robecchi, per come scrive e per quello che scrive.
E, se lo conoscessi di persona, forse anche per altro. Ne sono sicura.

mercoledì 21 ottobre 2009

Il primo grado di separazione della separazione. Le domande uroboriche.

E' quello che ti(mi) costringe a farti(mi) una serie di domande alle quali non c'è risposta.
Anzi, a volte non c'è neanche domanda.
L'asino di Buridano ti(mi) fa un baffo: lui, indeciso tra due mucchi di paglia, non riuscendo a scegliere verso quale dirigersi, muore di fame.
Tu(io) scegliendo decisamente nessun mucchio, anzi, camminandoci in mezzo vivi di fame.
Oh, io ve l'avevo detto che era complicato.
Provo, allora, a descrivere un dialogo-tipo:
- Voglio la separazione.
- Vuoi la separazione? Ma se non c'è altro da volere.
- Ah, già. Allora sono costretta a separarmi.
- Ma questa costrizione non ti fa sentire più libera?
- Beh, sì, in effetti sì. Ma perché non sono felice?
- Felice? Perché dovresti esserlo? Che c'entra la felicità?
- Boh, non lo so. Credevo di doverlo fare per stare meglio.
- Beh, stai meglio. Hai tagliato un ramo secco, no? Avrai più linfa per le tue parti vive.
- Ma perché un ramo secco fa male se lo tagli?
- Non lo so, ma mi stai innervosendo con queste domande.
- E' che sono triste. E tu poi sei sempre così reattiva e nervosa ultimamente.
- Hai ripensamenti? Rimpianti?
- No. Neanche solo la erre di queste parole. Però vorrei le condoglianze.

Questo dialogo avviene tra me e me, ed è praticamente continuo: alla fine sono stremata, ma so che da qualche parte arriverò.
Dispensatemi dalle battute facili .

giovedì 15 ottobre 2009

I sei gradi di separazione della separazione. Prologo.


Il titolo prende spunto da una teoria secondo la quale ognuno di noi è in contatto con qualsiasi altra persona del mondo, anche se sconosciuta, attraverso una catena di relazioni composta al massimo da 5 persone.
E cioè, tanto per farvi un esempio, se avete uno zio d'America, il cui vicino di casa si dedica al giardinaggio e comprando piantine è diventato amico di un vivaista, che ha un cugino a Washington che fa lo stesso mestiere e che è il fornitore personale di Michelle O., ecco che siete niente po' po' di meno che nella quasi-possibilità di contattare l'ultimo premio Nobel per la pace.
Che è un po' il meccanismo che regola il clientelismo, il nepotismo, il favoritismo ecc.

Ma non divaghiamo.
In realtà, prendo spunto dalla teoria solo per descrivere i sei gradi di separazione della separazione tra due coniugi.
Assomigliano un po' alle fasi del lutto (negazione, rabbia, accettazione, ecc.), ma, come la teoria alla quale mi rifaccio, comprendono anche delle persone, sebbene più di cinque. E non ti mettono in relazione col Presidente USA, ma col mondo intero. Dal quale, a loro volta, ti separano.
Complicato? Sì. Anzi di più. Indefinibile.
Per questo ho deciso di cimentarmi in questa disse(rta)zione, convinta che alla fine tutto avrà lo stesso aspetto delle costolette nel banco del macellaio: non mi fanno pensare alle atrocità subite dalla povera bestia, bensì al modo più succulento per prepararle e gustarle.
E se ciò dovesse sembrare troppo crudo, beh, la carne è mia.

mercoledì 14 ottobre 2009

I sei gradi di separazione della separazione.


Questa è un'anticipazione sul contenuto dei miei prossimi post, ammesso che riesca a scriverli.
Qualcosa che starà a metà tra l'anatomopatologia, la semantica e la sociologia.
Intanto, già mi domando come fa una cosa a stare a metà tra tre. Anzi, adesso che ci penso, credo che l'argomento sia trasversale a parecchi altri, tutti infilzati con precisione chirurgica dallo stesso bisturi.
Che è quello della separazione, appunto.
Un'altra contraddizione apparente è come una separazione possa unire, cosa che a quanto pare ha la propietà della reciprocità, per cui anche l'unione spesso separa.
Bene, dopo queste tortuose e sconcertanti premesse, rimando l'organizzazione delle farneticazioni ai prossimi giorni.

sabato 3 ottobre 2009

Il Novissimo Vocabolario della Lingua Italiana.



opposizione : azione di contrasto e di critica attuata dall'insieme dei partiti politici che non partecipano al governo. Consiste, nei casi più estremi sinora documentati, nell'indossare una coppola e un gessato blu e piazzarsi ben al di fuori delle sedi istituzionali in cui si esercita il potere esecutivo (modello Di Pietro). Nei casi più eleganti, l'opposizione viene agita tramite battute e freddure, che traboccano di ironia e sagacia (modello D'Alema). Nei casi più genuini e viscerali, in dichiarazioni indignate e scioccate, che lasciano il tempo che trovano (modello Finocchiaro e PD più in generale).Le conseguenze sono devastanti, soprattuto su quanti ancora confidano nella democrazia e nella sua rappresentatività. Gli effetti collaterali riguardano purtroppo una preoccupante assenza dai luoghi naturalmente destinati all'esercizio di tale attività.

giovedì 1 ottobre 2009

Il Novissimo Vocabolario della Lingua Italiana.



dignità: rispetto che la D'Addario dimostra di avere verso se stessa, ammettendo di fare la escort.
fiscale, scudo: sistema di protezione e garanzia verso quanti già si sono messi al sicuro in passato, sacrificando la propria cittadinanza e il proprio senso di appartenenza al popolo italiano.
appartenenza, senso di: sentimento comune e diffuso, tipico del cittadino italiano (vedi alle voci mandolino, spaghetti, pizza ecc.) che viene fuori soprattutto in occasioni di drammatici eventi, in cui perdono la vita altri italiani, dei quali fino a un momento prima non fregava un cazzo a nessuno. Nei casi di morti sul lavoro o di vittime di cataclismi (terremoti, alluvioni, ecc.) vedere alla voce 'non frega un cazzo a nessuno neanche dopo', fatta eccezione nel caso in cui muoiano fuori dal territorio italiano, ché un po' di audience la tirano sempre fuori.
stampa, libertà di: voce arcaica e desueta di cui si è perso il significato in seguito alla progressiva perdita dell'uso (cercasi esempi validi, anche stranieri, meglio se corredati di foto).