sabato 28 novembre 2009

Cronache dal confine e cronache al limite.


Sono alla stazione, aspetto il trenino, che mi porterà nella cuore della metropoli tentacolare a pochi km dal mio paesello. Invece del solito scassone, arriva un Minuetto, il regionale nuovo di pacca, il cui nome è veramente riduttivo: pulizia, modernità e comfort suonano come una sinfonia alle stanche orecchie delle mie membra da viaggiatrice di rottamaglie incallita.
E’ anche in orario, porcodinci!
Salgo, mi accomodo e attendo. La fermata sembra durare più del previsto, poi le porte si chiudono: l’elegante display sulla mia testa segnala un minuto di ritardo.
Va beh, non stiamo a fare i pinoli. Il treno però non parte e le porte vengono riaperte da un solerte ferroviere in servizio sul trenuetto seguito da un suo simile. Tra i due trenitalioti (forse capotreno e controllore, non so) che chiamerò giovane e anziano, per gli amici g e a, intercorre il seguente dialogo:
g – Un momento, scusa capo, ho riaperto perché ci sono due ragazzi che stanno correndo…hanno fatto tardi…li possiamo aspettare, c’è tempo. Altri due minuti, che problema c’è…
a – Dovevamo partire a 03.
g – Appunto (?) sono 04, un altro minutino, cheffà…
a – Vabbuò…
Dopo un minutinocheffà arrivano due ragazzi trafelati che ringraziano per essere stati graziati (dopo dodici minuti c’era un altro treno, eh?), troppo gentili, davvero, non dovevate (eccerto che non dovevano).
g - Ma l’amico che era con voi? (???).  L’ho visto lì sulla banchina…che fa, viene?”
r.t. - Adesso lo chiamo col cellulare e vedo.(!!!) Ahò, che fai vieni, che il treno ti aspetta?...No, non viene, ha desistito.
g – Ma perché? Possiamo aspettarlo, c’è tempo… (da adesso in poi eviterò l’interpunzione indignata e perplessa e il perché si capisce) Sicuri che non viene? Lo aspettiamo, eh. Lo volete richiamare per dirglielo?
r.t. – No, no, non fa niente, grazie, gentilissimo…
g – Ma figuratevi, quando si può fare…
Ecco: quando? Quando si può fare?
Comunque, incredibilmente il treno-taxi parte.
Prima  fermata, delle due che mi riguardano, a S.: 3 ragazzi stranieri, direi nordafricani, chiedono in un italiano stentato ma comprensibile se il treno arriva a B.
g – (che a questo punto ho capito avere lo stesso q.i. di un paramecio, però taaanto buon cuore) No ragazzi, questo treno va a S.
Sulla faccia dei suoi interlocutori si accende un lampeggiante enorme a forma di punto interrogativo che sta a dire ‘cazzo, ma noi a S. ci siamo già.’
Imperterrito g continua: “ Su, salite, che poi a S. prendete il treno per B”.
Il lampeggiante maghrebino, ormai in assetto di allarme e confusione totale,  con intermittenza da codice rosso continua a segnalare ‘cazzo, ma noi a S. ci siamo già, cazzo, ma noi a S. ci siamo già, cazzo, ma noi a S. ci siamo già.’

lunedì 9 novembre 2009

Madame Modesta c'est moi!

Non posso fare una recensione de L'arte della gioia: la storia di Modesta è la mia storia.
Non ho ucciso mia madre, non ho amato donne (almeno non fisicamente), non ho subito la galera o il confino per reati politici e, soprattutto, non sono riuscita a diventare principessa.
Ma la mia vita è la stessa sequela di delitti e determinazione, di volontà di affermazione e lunghi sonni, antifascismo profondo e disprezzo per ogni forma di religione, soprattutto se androcentrica.
Con la differenza che la mia storia è molto meno interessante.
Il rapporto che si è instaurato tra me e Modesta durante la lettura è quindi di natura intima e personale, per cui questa pseudorecensione va di diritto su questo blob/g. Parafrasando Patrizia Cavalli, se non leggo di me e non mi ritrovo, succede che mi confondo.

A beneficio pubblico, dirò solo che è un libro che insegna molto sull'essere donne e persone in generale ed è necessario come lo sono i libri di Simone de Beauvoir o quelli della saga di Angelica o di Adrienne Rich.

venerdì 6 novembre 2009

AAA Cercasi Editor per sprazzi di gioia improvvisi e sparsi.

Mi sono resa conto di accumulare, quasi quotidianamente, un discreto numero di sprazzi di gioia intensa, che presi singolarmente occupano lo spazio di pochi secondi, ma che misurati in decibellezza a volte soddisfano il fabbisogno di un'intera giornata.

Sono scariche inattese, involontarie e soprattutto immotivate, che spingono da dentro sorrisi, brividi e palpitazioni: è come essere innamorati per una manciata di minuti senza sapere di chi.
A volte possono essere innescati da una canzone, da un panorama, da un incontro: ma non giurerei sulla relazione di causa-effetto tra questi accidenti vari.
Ora, se qualcuno bravo nell'editing di vite e sentimenti, mi aiutasse a mettere insieme questo materiale e a dargli una forma e un ordine consolatorio come quello di un bel libro o di un bel film...