martedì 5 gennaio 2010

Masterpiece 2009.

Queste sono le immagini più belle del 2009. Non è il mio sfrenato anticlericalismo o il fatto di essere seriamente antipapale a farmi esprimere questo giudizio: è che le ritengo veramente belle, potentemente espressive, eleganti e accurate.

Come una moderna installazione d’arte, come una performance riuscitissima e talentuosa. Mi dispiace per Maurizio Cattelan, ma Susanna Maiolo gli ha dato parecchi punti.
Guardatele bene.
Il corteo papale incede in tutta la sua plurisecolare solennità.
E’ un moto immobile, o un’immobilità in movimento, fa lo stesso.
Il papa e la Chiesa (metto la maiuscola per chiarire che qui si parla dell’aberrante istituzione) sono uguali a se stessi da sempre: tra il dipinto del Vasari sul corteo di Leone X e le immagini attuali cambia solo la foggia dell’abbigliamento.
Ad un tratto, dalla folla, con scatto atletico anziché no, emerge questa donna che si lancia in direzione del Ratzy, cerca di abbracciarlo (abbracciarlo!!!) e invece lo manca a causa del placcaggio di un papaboy. Riesce ad afferrare un lembo della veste papale e lo trascina a sé.
Il papa cade.
Guardate adesso come cade: come una statua tirata giù dal suo piedistallo, come una colonna dal plinto. Insomma, come il monolito semi-spirituale che perfettamente rappresenta e guida, e di cui anche questa caduta è un’espressione perfetta.
Io sono rimasta ipnotizzata dal ralenti zoomato delle varie riprese.
Uguali, tra l'altro, tranne che nell’esito, ad un precedente tentativo della stessa artista (altro che mitomane psicolabile!): che anche in quell’occasione vestiva con una giubba rossa e spiccò lo stesso agile balzo.
Ora, i simbolismi, le allegorie, i particolari nascosti si sprecano, come in qualsiasi opera d’arte riletta e criticata: l’audio della folla è un altro piccolo capolavoro, così come ci sarebbe tanta esegesi da fare sull’atteggiamento postumo di tutti i rappresentanti della Chiesa.
Ma la bellezza pura di questo salto d’amore che nell’impeto del passione abbatte l’oggetto del suo sentimento, non ha bisogno di spiegazioni: è evidente e magica, come uno spettacolo della natura, come un grande affresco.
Non è stato un gesto dettato dallo stesso anticonformismo delle tele squarciate o dei baffi alla Gioconda o della cacca inscatolata. Non è stato un gesto plateale per rinnegare il passato e dare inizio ad un nuovo modo di fare arte, ops, religione. Anzi.
È’ stato piuttosto un richiamo al messaggio cristiano nella sua essenza valente e dirompente: io ti amo e ti voglio abbracciare. Vengo a te, come Gesù mi ha invitato a fare. Mi scavo la strada in mezzo a migliaia di altri che dicono di amarti come me, ma in realtà stanno lì a guardare e a fotografarti, anche dopo che sei caduto.
E’ stato nella sua essenziale, densa brevità un apologo sull’amore cieco: ti amo e per questo ti abbatto, ti annullo.

Porca miseria! Se non è arte questa!